Sara Candussio – a nome della Redazione
Capita spesso di mettersi nelle condizioni di giudicare negativamente -per moda, per false convinzioni, per notizie che non ci sono rinvenute correttamente- proposte come l’assemblea d’istituto.
In questa edizione la redazione dell’Intrepido ha deciso di intervistare i rappresentanti d’istituto, organizzatori di queste iniziative molto spesso criticate a torto.
Il punto centrale su cui è necessario focalizzarsi per analizzare correttamente il tema “assemblee d’istituto” è il seguente: come si può giudicare negativa un’iniziativa se non vi si partecipa neanche in parte?
Spesso capita di incontrare studenti che vagano senza meta per i corridoi, che “movimentano” l’intera giornata recandosi al bar perché non sanno che altro fare, per infine commentare: “che male che è stata organizzata quest’assemblea!”.
Altri copernicani alla richiesta incalzante e forse anche scomoda di partecipare più attivamente alle assemblee risponderebbero che per loro è necessario studiare in previsione di una verifica o che le attività proposte non li interessano (c’è da chiedersi quanti di questi ultimi non abbiano semplicemente voglia di prendersi una giornata “di pausa” per parlare con gli amici senza che nessuno imponga loro nuovi doveri o obblighi).
I rappresentanti, allora, cosa dovrebbero proporre per venire incontro a tutte queste molteplici e diverse considerazioni?
La redazione del giornale si è trovata a pensare ad una maniera diversa di proporre l’assemblea, uno spunto costruttivo che potrebbe essere d’aiuto ai rappresentanti per sentire una “voce” diversa da quelle delle solite e ripetitive critiche.
Facendo un piccolo balzo nel passato, è forse utile rispolverare l’idea iniziale di assemblea d’istituto: un momento di incontro, di possibile dialogo con i rappresentanti d’istituto, di approfondimento di tematiche d’attualità, di riflessione sulla vita scolastica, che insegni ai ragazzi a prendere coscienza di diversi problemi sociali, sviluppando in loro un senso critico che si applichi alla comunità.
Partendo da questo panorama roseo, riflettiamo un secondo su cosa oggi ci fa venire in mente la parola “assemblea d’istituto”. Immagino che molti, se non praticamente tutti, stiano pensando ad un’assemblea attuale ben diversa dall’utopia descritta poche righe sopra.
Molto probabilmente un problema come quello che stiamo trattando non ha radici solo in un passato molto vicino al presente, ma più lontano: i copernicani più “vecchi” possono confermare il fatto che l’assemblea è sempre stata pensata come un momento di svago, poco serio, in cui l’unico obiettivo della giornata era prendersi un momento di relax, senza fretta.
Assodato il fatto che la “colpa” dell’attuale deterioramento dell’idea di assemblea risiede sia nei rappresentanti che nei ragazzi, e che siamo effettivamente solo eredi di questo modo di pensare, cosa possiamo fare per migliorare la situazione non trascurando l’esigenza dei ragazzi di disporre di alcune ore in cui acquisire qualche abilità in più senza sentirsi oppressi?
Per prima cosa è necessario chiarire che l’assemblea non è sinonimo di ozio senza un fine. Chiunque sente la necessità di prendersi una giornata in cui riposarsi, può farlo senza però identificare nell’assemblea questa giornata.
Una proposta di assemblea potrebbe essere articolata come un insieme di attività di diversa natura, da quelle pratiche a quelle più astratte, che riempiono la giornata totalmente, dimenticandosi quasi della presenza di aule studio, che continuerebbero ad esistere per coloro che hanno la necessità di ripetere o capire un argomento di qualche materia.
Potrebbe essere utile, per quanto riguarda le aule studio, domandando ai rappresentanti di classe di fare un piccolo sondaggio, nei giorni precedenti l’assemblea, ai propri compagni di classe chiedendo se hanno bisogno di disporre di qualche aula studio e, in tal caso, di quale materia, così da poter dare il giusto spazio ad un’aula studio di una materia molto richiesta.
Per quanto riguarda le attività in palestra, questa dovrebbe essere chiusa tutto il tempo in cui non viene attivamente usata, e si dovrebbero distribuire i diversi tornei in luoghi differenti, come ad esempio all’aperto nella stagione più mite.
Le attività pratiche, come la cucina (peraltro ampiamente apprezzata) o magari un’aula dedicata al disegno artistico o alla costruzione di qualche altro oggetto attraverso materiali malleabili o da montare assieme, dovrebbero essere presenti costantemente e in più aule, con l’aiuto di qualche studente o professore appassionato.
In questo ambito potrebbero essere coinvolti i docenti, che potrebbero aprire i laboratori ai ragazzi e proporre qualche attività meno “scolastica” e più simpatica, che possa stimolare coloro che non hanno la possibilità di usufruire spesso dei laboratori.
Anche gli insegnanti di informatica che si rendono disponibili potrebbero “aprire le porte” del laboratorio per lezioni introduttive o piccoli corsi avanzati per i ragazzi particolarmente appassionati della materia.
Le attività più “astratte”, come le conferenze su temi di attualità o di orientamento, non dovrebbero mancare come non mancano ora.
In secondo luogo si potrebbero introdurre lezioni tematiche proposte dai professori o dai ragazzi della scuola stessa che magari hanno qualche interesse particolare di cui parlare, come ad esempio qualche nuova teoria scientifica, un approfondimento su qualche Paese, oppure, se c’è una specifica richiesta, una piccola lezione su qualche autore fatta in maniera meno convenzionale, che stimoli i ragazzi a vedere scrittori che forse ritengono noiosi sotto una luce diversa, più giocosa e meno scolastica.
Per quanto riguarda la necessità dei ragazzi di instaurare relazioni all’interno o all’esterno della propria classe, una proposta che potrebbe avere un tono “diverso” e non essere recepita come obbligata potrebbe essere un dibattito. I temi potrebbero spaziare dai più attuali (come l’immigrazione) ai più generali, come quelli etici e sociali, mirati a suscitare il senso critico nei ragazzi. I dibattiti sarebbero dedicati ad un pubblico più ristretto, coordinati da un insegnante o da uno studente ferrato e propositivo, con il fine di stabilire un discorso equilibrato.
Le attività dovrebbero essere molte, così da lasciare ai ragazzi l’imbarazzo della scelta e ovviamente, proposte attivamente dagli stessi ragazzi.
Il modo di pensare non potrà essere cambiato in poco tempo, la proposta appena riportata ha un periodo di realizzazione molto lungo, a causa della necessità di educare i copernicani ad una diversa concezione di assemblea.
I rappresentanti avevano chiesto ai ragazzi stessi di avanzare proposte, ma non avevano ottenuto un grande incremento di idee: essendo l’assemblea un momento di dialogo, potrebbero personalmente chiedere camminando per la scuola alle persone che incontrano cosa manca secondo loro, se conoscono qualcuno che potrebbe guidare un’attività di qualche tipo, cosa non è ancora stato raggiunto e perché.
Ci rendiamo conto che sia per i ragazzi che per i rappresentanti che per i professori, se vengono coinvolti, tutto questo comporti un enorme sforzo, molto tempo e molte energie, ma è necessario, se si mira al fine di creare una bella assemblea che lasci qualcosa alle persone.
Era stata particolarmente apprezzata l’idea di impostare l’ultima assemblea (in seguito alle molte attività pratiche, intellettive delle precedenti) come una giornata di sfide: da “olimpiadi” ginniche a tornei anche giocosi, a una competizione come l’attuale “Cop’s got talent” in cui i ragazzi, avvisati mesi prima, possono iscriversi in modo responsabile evitando di tirarsi indietro all’ultimo minuto per evitare la prova e l’impegno preso.
Le squadre di matematica, il teatro, il coro, il circo e tutte le altre attività potrebbero essere coinvolte per movimentare una giornata che diventerebbe l’occasione di mettersi in gioco anche sotto una luce più artistica, giocosa e ginnica.
Per una proposta del genere ci vogliono molte energie, ma come redazione crediamo che sia un’idea che possa dare i suoi frutti.
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